Assolata piazza
del pomeriggio estivo
persuasa ancora a dormire
con le persiane che si schiudono appena
come la curiosità di anziane donne lasciate sole
dietro le tende di macramé mielato.
L’afa asciuga bocche e parole.
Note e salti di un bambino
arrivano stanchi
Una cantilena perduta
Tante volte mi son chiesto
cosa fosse poi il diverso
di diverso cosa c’è
se io guardo te e meIl precipizio della piattezza
non ha fondo.
Cosa sarebbe la musica di un piano
se non ci fossero i tasti?
E se su quel piano battessero le dita di Petrucciani,
pallide e tozze
e di Ellington, nere terra?
Che musica verrebbe fuori!
Rinfrescherebbe l’arsura
di questo canto,
di questo posto.
E sentirei più chiaramente
Tante volte mi son chiesto
cosa fosse poi il diverso
di diverso cosa c’è
se io guardo te e meSu quella panchina viola di sole
ho stretto la mano ad un matto
“brava ragazza, l’ho sai che non si parla con gli sconosciuti?”
ha detto, e poi è andato via con le foglie.
Lo avrei seguito volentieri.
Ma ero senza forze
E persi l’occasione di svestire un mistero
e raccontare il mio.
Tante volte mi son chiesto
cosa fosse poi il diverso
di diverso cosa c’è
se io guardo te e mePelle che fa invidia all’ebano
nel bar della piazza.
Aromi speziati regalati da Nabim
per asciugare le mie lacrime di una sera
in cui il campanile non si vedeva
ma erano chiare le risposte.
Tante volte mi son chiesto
cosa fosse poi il diverso
di diverso cosa c’è
di diverso non c’è nè
se tu ascolti ascolto te. Valentina Gaglione
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